Giovedì scorso le borse europee hanno vissuto un primo assaggio di quel che potrebbe essere il nuovo rimbalzo determinato dalle dichiarazioni di Mario Draghi.
Il numero 1 della Banca Centrale Europea ha infatti annunciato di essere intenzionato a intensificare il ritmo degli acquisti di bond (espandendo altresì le caratteristiche di quelli acquistabili), dall’attuale ritmo di 60 miliardi di euro al mese.
Una scelta che – come ben sanno tutti coloro che amano giocare in Borsa – ha contribuito a spingere verso l’alto i listini internazionali. E poco rileva, in questo caso, che nella giornata successiva all’annuncio vi siano stati nuovi cali determinati da elementi esogeni al vecchio Continente: l’annuncio di Draghi ha ottenuto il risultato sperato.
Naturalmente, ora l’attenzione degli investitori è tutta incentrata al 16-17 ottobre, giornate di calendario che hanno in programma la riunione del comitato di politica monetaria della Federal reserve (Fomc), e periodo nel quale si deciderà se confermare l’attuale basso livello dei tassi di interesse di riferimento o, di contro, procedere a un rialzo iniziale, ponendo dunque fine al lungo periodo di bassi tassi di mercato.
A tal proposito è intervenuta anche la direttrice generale del Fmi, Chrstine Lagarde, che ha dapprima affermato che la situazione economica globale continua a cambiare, per poi precisare che un rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve non potrà che aggiungere ulteriore volatilità allo scenario.
I rischi che la Fed deve affrontare in questo periodo, e che potrebbero condizionare fino all’ultimo la scelta di varare l’una o l’altra decisione, sono d’altronde ben noti. Da una parte il ribilanciamento della Cina e il suo muoversi verso un nuovo modello di business. Dall’altra il continuo rallentamento della crescita giapponese. Dall’altra ancora le turbolenze sui prezzi delle materie prime. Insomma, uno scenario non certo ideale per assumere una decisione così importante in maniera serena.
Il numero dell’istituto monetario internazionale ha infine spiegato che dalla recente instabilità finanziaria globale è emerso quanto l’Asia sia al centro dell’economia globale, e quanto le interferenze in un solo mercato asiatico possono ben trasferirsi al resto del mondo.
Insomma, quando mancano pochi giorni al varo di una delle decisioni più attese dell’anno in materia di politica monetaria, una cosa è certa: se fino a pochi mesi fa era pressochè scontato che la Fed avesse voglia di alzare i tassi di interesse, oggi le caratteristiche di scenario e le implicazioni non sembrano più essere così pacifiche, con il rischio di far slittare a fine 2015 o a inizio 2016 tale mossa.